Tuesday, March 15, 2011
Noi credevamo
Le vite di Domenico, Angelo e Salvatore, e la loro lotta per l'Italia unita: partendo dal loro comune giuramento di fedeltà alla Giovine Italia nei primi anni trenta, i loro perscorsi si separano e si reintrecciano nel corso di più di trent'anni, attraversando le vicende che portano all'unificazione politica dell'Italia.
Noi credevamo è tanta roba. Racconta il germogliare dell'Italia unita ("nata su radici malate, ma finalmente unita", per usare le parole della Contessa di Belgiojoso), tenendo però i Grandi Eventi da Libro di Storia a margine della narrazione, praticamente senza mai portarli sullo schermo: tutto quello che avviene passa invece attraverso il "filtro" dei tre umanissimi protagonisti, in queso modo evidenziando e potenziando a beneficio dello spettatore (non senza una certa teatralità, ma ci sta) le contraddizioni di queste vicende, come se ogni scena fosse un'allegoria del momento storico in cui è calata (esemplificative le scene delle riunioni in prigione, dalle quali sono esclusi i contadini - "ma cosa volete che ne capiscano, loro?").
Di più. Mantenendo la metafora dell'albero, guardando al "germoglio", intuiamo l'origine dei "fiori" e "frutti" a venire: le parole esaltate dei mazziniani in alcuni punti evocano le confessioni di ex-BR o di ex-NAR, il trasformismo di Crispi che da mazziniano si scopre poi garibaldino ed infine monarchico è vicenda dei nostri giorni, giornalisti ultraconservatori con un passato da sovversivi(1) e così via(2) ...
Il film dura parecchio (quasi tre ore), ma l'interpretazioine brillante e coinvolgente (anche perché, come detto, si tratta l'aspetto umano delle vicende) aiutano a far passare questo film non facile.
(1) ruolo, guarda un po' il caso, interpretato da Luca Barbareschi
(2) E oltre ancora: impossibile non fare un parallelo tra gli italiani che in giro per Francia ed Inghilterra organizzano attentati a capi di stato (Napoleone III) e la situazione mondiale odierna: della serie "quando i pericolosi terroristi eravamo noi"
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