Tuesday, August 19, 2008

Manituana


Fine del XVIII secolo. Nella Lunga Casa, territorio fisico ed ideale che unisce le Sei Nazioni, si incrociano tra di loro e con la Storia, le vite di due guerrieri Mohawk del Clan del Lupo: uno, Philip Lacroix Ronaterihonte, ex prigioniero di guerra, naturalizzato Mohawk (perché "molte donne oggi hanno perso figli e mariti " ed "è giusto adottare i prigionieri come nuovi figli e mariti"), si conquistò la fama di Grand Diable nella guerra Franco - Inglese; l'altro, il capo di guerra Joseph Brant Thayendanega, si conquisterà, presso i ribelli dell'incombente Rivoluzione Americana, l'appellativo di Mostro Brant.

La Rivoluzione Americana da un punto di vista insolito: non quello dei Ribelli poi vittoriosi (che di solito viene presentato nei libri di storia), ma dal punto di vista di coloro che scelsero di opporvisi, di affiancare da alleati la Corona Inglese come estrema ratio per la difesa del loro mondo, per non far morire con esso la propria cultura, alla ricerca di un futuro in cui non siano spazzati via dal nuovo che arriva...
Ma i Wu Ming, nonostante l'ovvia simpatia per il protagonista e la sua cultura, non cadono nella banale apologia di chi ha combattuto contro la Rivoluzione, ma presentano un quadro complesso, personaggi umani, che amano, odiano, sbagliano, eccedono... da una parte e dall'altra del conflitto: la brutalità ferina dei Volontari di Brant, Sullivan che legge il De Bello Gallico mentre fa letteralmente terra bruciata delle case Mohawk su ordine di George Washington, l'onore di Ronaterihonte, il rispetto e l'austerità del colonnello ribelle Herkimer... affetti sacrificati nell'isteria della guerra e tentativi di ricongiungimento...
Un libro insolito, di non semplice lettura, dal ritmo non sempre incalzante e scorrevole anche per il caleidoscopio di umanità che tende a presentare.

3 comments:

Bra said...

Sembra interessante, e se è davvero anti-eroico come lo dipingi, dovrebbe essere una gran lettura...

MarKino said...

mi piacciono i Wu Ming, fin da quando si facevano chiamare Luther Blisset con Q... lo "stile", della storia, poi è sempre quello: il punto di vista del ribelle sconfitto.

M@rcello;-) said...

un'altra gran bella recensione infilata!

(... anche se temo che per i miei canoni potrebbe rivelasi un filino fin troppo impegnata come lettura...

bravo markino! :)

ci si becca alla prossima,
M@;-)